L\’approvazione della legge di stabilità, un atto politico-amministrativo fondamentale per la gestione del futuro del nostro paese, in questi giorni è al centro del dibattito mediatico.
Da cittadino italiano, vorrei anzitutto esprimere il mio vivo apprezzamento verso il nostro primo ministro – dott. Matteo Renzi – circa le sue grandi capacità dialettiche e affabulatorie, alle quali fanno da contraltare, almeno sin qui (e purtroppo), scarse doti da statista.
Caro Matteo, noi giovani (mi ci metto anch’io, avendo varcato da poco la trentina) abbiamo in ballo nulla di meno che il nostro futuro.
Le situazioni lavorative che ci troviamo ad affrontare non ci danno quel minimo di sicurezza, economica e mentale, necessaria per conferire solide fondamenta ai nostri progetti di vita.
La politica, nonostante lo svecchiamento della squadra di governo, è sempre più distante dalle nostre esigenze di giovani imprenditori, professionisti e lavoratori, e dalla gravissima situazione in cui l’Italia ha vissuto e vive il suo ingresso nel XXI secolo.
Dai mass-media si sentono ripetere sempre i soliti slogan: “rigore e crescita”; “dobbiamo puntare sulla crescita ma rispetteremo il vincolo del 3%”, e cosi via.
Queste ed altre, passatemi il termine, sono le cazzate che ci vengono quotidianamente ammannite come verità di fede
Ma come si fa, a lume di ragione, a sostenere che bisogna puntare sulla crescita e allo stesso tempo ridurre le amministrazioni locali (regione e comuni) in condizioni amministrative a dir poco stringenti e precarie? Lo stato centrale non adotterà più politiche stringenti di austerità, ma devolverà questo ingrato compito alle amministrazioni territoriali (regioni e comuni), le quali si vedranno così costrette ad aumentare le imposte locali (come già sta succedendo) e/o a diminuire/peggiorare i servizi per i cittadini (sanità, sociale, gestione rifiuti, etc.).
In tutto ciò, le politiche di sviluppo e crescita dove sono?
Spero solamente che le amministrazioni locali- regioni in primis- facciano fronte comune e diano una seria dimostrazione politica a questo governo, il quale non è sicuramente espressione del popolo sovrano.
L\’Italia ha urgente bisogno di un serio piano di sviluppo. E ha soprattutto l’occasione storica di poter svolgere quel ruolo di coordinamento di una serie di paesi del vecchio continente che vogliano veramente e concretamente riformare l’UE e fondare un vera Europa dei popoli.
Se l\’attuale governo non è in grado di affrontare queste sfide, che siano le regioni ad essere propulsive in tal senso, sia verso Roma che verso Bruxelles.
Noi giovani, noi cittadini in genere, possiamo anche essere disponibili a onerosi sacrifici, come abbiamo dimostrato ampiamente in questi ultimi anni di soggezione al paradigma imperante dell’austerità, allorché le risorse economiche reali in tasca a pensionati, lavoratori, artigiani, professionisti e imprenditori sono andate costantemente scemando. Questa generosa disponibilità, però, deve essere compensata da un serio progetto di investimento sul nostro futuro, dalla visione strategica di un rilancio industriale a beneficio di tutti e di ciascuno. Qualcosa di cui tutte le classi sociali, specie quelle meno abbienti, possano profittare in modo sostanziale e duraturo.
Daniele Cavaleiro
[03 novembre 2014]